Il 24 giugno è partita la settima edizione del Veneto trail, 532 km e 10.700 m di dislivello positivo.
La Veneto trail si caratterizza per essere un trail duro con tanto dislivello e con sentieri alpini con tanto “portage” in salita e purtroppo anche in discesa.
Partito da Cittadella, e dopo una cinquantina di km in falso piano con strappi “cattivi”, si affronta la prima salita su terreni pietrosi fino ad Asiago dove, al km 70, il garmin segna già 1.600 m di salita. Breve pausa e si sale ancora fino al monte Zingarella (quota 1.901 m slm), da lì discese ripide fino a scendere nella Val Sugana dove, al km 130, si rivede il tanto agognato asfalto, e poi ultimi 30 km di sali e scendi fino a Feltre dove arrivo a sera tarda e trovo un B&B (km 160 e 3.300 m dsl.)
Secondo giorno partenza da Feltre con l’ansia di quello che sembra un mostro solo a nominarlo, il passo Falzarego. Si sale, si sale e di sale ancora, si passa un monte che a guardare la traccia sembrava roba da poco ma si rivela un inferno, anche a causa del caldo.
Arrivato ad Agordo e fatto il pieno di calorie si va verso le Dolomiti. Inizia il Falzarego e a metà percorso,inaspettatamente, la traccia ci manda sul passo Giau. Stupito proseguo con il timore di aver sbagliato qualcosa, ma poi scopro un sentiero da affrontare a spinta. Il paesaggio paga la fatica, single track pedalabili da non sembrare reali, le ruote galleggiano su aghi di pino e sentieri che sembrano costruiti per far correre le ruote da mtb, curve paraboliche dove trovi il famoso “flow” e ti senti un campione, si sbuca su asfalto e mi ritrovo sugli ultimi tornati del Falzarego.
Si vedono le ultime gallerie, si proprio “quelle del giro”. L’orologio segna le 9 di sera e le cime dei monti si tingono di rosa.
Arrivo in cima e guardò giù,verso la valle. Ci sono 11 gradi, il tempo di vestirsi e a picco verso Cortina d’Ampezzo dove arrivo a sera tarda. Trovo una pizzeria e un albergo a prezzi iperbolici ma sento di meritarmelo. Anche il secondo giorno è andato: 130 km e 3.000 m disl.
Al mattino partenza sulla ciclabile che va verso Dobiacco, si pedala con i turisti in ebike che vedono una bici con un numero gara e ti chiedono cosa tu stia facendo. Alcuni ci credono altri meno, inizio a dubitare anch’io. Si devia su un sentiero alpino ( dire che i posti sono incantevoli è superfluo), si spinge, si pedala e si rispinge. Arrivo alle pendici del monte Cristallo, da lì la discesa su un ghiaione costringe a portare la bici a mano ( d’inverno è una pista da sci ) e poi giù fino alla sellaa del Passo Tre Croci, su asfalto arrivo sul lago di Misurina.
Altra ciclabile infinita nei boschi fino ad Auronzo di Cadore, poi ancora giù fino a Longarone, Ponte nelle Alpi, Belluno e Trichiana dove mi fermo (km 140 e disl 1.900 m). Giorno di “Riposo”.
Ultimo giorno, partenza alle 6 , passo San Boldo fino alla sommità e da lì si torna a spingere, pendenze superiori al 25% su sentieri sassosi dove non si riesce ad avanzare, le discese peggio.
Trovo una malga aperta, mangio e continuo fino alla cima del monte Cimon. La traccia porta fin sulla croce in cima, da lì continua ma visibilmente non c’è nulla. Il vuoto. Arriva un altro compagno e ci buttiamo giù come con il parapendio.
La stanchezza, la bici carica, sento la paura.
Arrivo a Valdobbiadene, un piccolo dislivello per salire ad Asolo ed è finita, ultimi 30 km di strade bianche.
Quando vedo le guglie delle mura di Cittadella una lacrima scappa ma non me ne vergogno, (100 km e 2.300 m disl).
È un trail “cattivo”, è volontariamente cattivo, chi ci andrà è giusto che lo sappia.
Chiudo 79esimo su 320 partiti, zero cadute, il santo protettore dei ciclisti mi ha salvato scendendo il canalone.
Porto a casa forse quella che sarà la mia esperienza più forte, un po’ di amici nuovi e 9 punture di tafani.
Grazie del solito supporto da casa, agli amici con cui ho condiviso, al gruppo XCTEAM con le chat che mi fermavo a leggere e mi facevano sorridere.